William Albert Allard
di Maurizio Beucci
di Maurizio Beucci
Maurizio Beucci responsabile della Leica Akademie Italia introduce il grande fotografo William Albert Allard che il 6 e 7 giugno terrà un workshop a Milano.
Uomo eccezionale, fotografo sorprendente, ha documentato la vita americana per la rivista National Geographic per più di 50 anni.
Ci sono fotografi che hanno avuto un valore incredibile nella storia della fotografia, alcuni hanno nomi e volti riconoscibili come Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, o il più giovane Steve McCurry, a volte idolatrati come celebrità pop, altre volte invece hanno solo il volto delle proprie immagini: fotografi che hanno cambiato il nostro modo di osservare il mondo ma che forse non sapremmo riconoscere per strada, fortunatamente. Tra questi fotografi, io credo ci sia William Albert Allard.
Nel momento in cui ho sfogliato per la prima volta il suo “Portraits of America” mi sono soffermato così a lungo sui soggetti che alla fine ho immaginato come potesse essere il volto di Allard.
Questo è il risultato di un lavoro incredibile, di una vita trascorsa a fare ciò che si ama. Ho pensato al valore enorme che hanno alcune cose, alla capacità che ha un libro di raccontarti la vita del suo autore, in narrativa come in fotografia.
William Albert Allard, detto “Bill”, è un uomo di valore, è evidente e basta un attimo per accorgersene.
Allard è un fotografo straordinario, di lui si sa che vive insieme alla moglie, ai suoi cani e che non si separa quasi mai dal suo cappello. Si dice anche che sappia stregarti se lo ascolti raccontare gli aneddoti che si nascondono dietro le sue foto.
Le voci dicono che al termine di una lezione universitaria si sia commosso al punto di piangere, invitando i suoi studenti ad avere passione nella vita. Dicono che con la sua parlata rude da uomo delle praterie, abbia detto con la voce rotta che “è quando invecchi che questa *shit* viene fuori” mentre le lacrime affioravano sul suo volto.
Sentendo questa storia, sfogliando il suo libro, ho rivisto Pat Garret e Billy the Kid di Sam Peckinpah, nel momento in cui Slim Pickens – lo sceriffo Baker – viene ferito a morte e cammina, sulle note di “Knockin’ on Heaven’s Door”, verso la sponda del fiume, aspettando di morire come farebbero i cavalli, vicino all’acqua. Guarda video
Quello sì che è un momento e non penso sia un caso che abbia ritrovato lo stesso sguardo intenso di Baker in quasi tutte le foto di Allard: deve esserci un legame diretto tra tutto ciò, quel cowboy seduto solo al bancone del bar nella foto di Allard è lo sceriffo Baker, in qualche modo ne sono sicuro, quel ragazzino che ci offre il pane sembra Bob Dylan, deve essere così e in qualche sogno sono sicuro di aver già visto la bambina con i suoi due cavalli bianchi.
Bill è cresciuto in fretta, forse è per questo che ha imparato a raccontarci così bene la vita delle persone. Prima di essere fotografo aveva fatto di tutto, lo studente, il tassista, il venditore di pentole e di corredi nuziali, poi l’operaio sulle linee telefoniche e anche lavorato in un nightclub. Bill le persone le ha conosciute davvero, credo sia questo il segreto della sua storia e della sua arte.
Bill è un fotografo, un giornalista, ma è soprattutto un artista. Ha iniziato a fotografare negli anni 60 e se oggi conosciamo ciò che il National Geographic rappresenta, molto lo dobbiamo a lui, a quel suo modo di raccontare la vita che non conoscevamo, fatta di uomini e storie nelle quali lui si è immerso fino ai capelli.
Nel 1964, con una moglie e quattro figli da sfamare, aveva ottenuto un posto come fotografo tirocinante per il National Geographic. Bob Gilka, il direttore della fotografia della rivista gli aveva assegnato il compito di fotografare il festival olandese di una comunità Amish nella contea di Lancaster, negli Stati Uniti, per una settimana.
Poco dopo il festival Allard aveva spedito quelle immagini a Gilka ma aveva deciso di continuare a lavorare quasi tutta l’estate nella comunità Amish.
Era la svolta inconsapevole, un anno dopo, le immagini erano pubblicate sul National Geographic e tutto era cambiato. Era cambiata la vita di Allard, ma era cambiato per sempre il National Geographic.
Allard aveva dato uno sguardo vero, privo di giudizi e aveva restituito un ritratto estremamente sincero della vita di quella comunità. I lettori del National Geographic, dal canto loro, non erano abituati ad un approccio tanto diretto nei contenuti e tanto elegante nella forma: Allard era diventato parte dello vita che aveva fotografato, un tassello di quel mosaico di subcultura che aveva immortalato e con lui migliaia di lettori, per la prima volta, avevano osservato quella gente con lo stesso approccio incondizionato.
Per altri 50 anni Bill ha continuato a fare lo stesso, migliorando di giorno in giorno.
William Albert Allard è quel fotografo che dice di aver visto foto bellissime, ma che non è riuscito a scattare. Dice che il semplice fatto di averle viste però sia stata una cosa grandiosa.
William Albert Allard è quell’uomo cui vorrei far firmare il mio libro e al quale vorrei poter fare mille domande, per nessun altro motivo se non quello di portare con me l’esperienza di aver incontrato un uomo straordinario.
Tra pochi giorni William Albert Allard sarà qui a Milano ospite di Leica per un workshop di due giorni che avrò la fortuna di seguire da assistente. Le gambe mi tremano un po’, non per paura, ma perché le voci sul suo conto erano vere e io sono già emozionato: You know… You get old ’n some of the shit comes right out
© Maurizio Beucci
A film about acclaimed National Geographic photographer William Albert Allard from Wayne Thomas
Guarda il video in inglese
Grande fotografo di National Geographic e protagonista della scena fotografica per più di 50 anni, William Albert Allard è un pioniere della fotografia a colori e un maestro del ritratto. La sua capacità di avvicinarsi al soggetto con naturalezza e rispettoso interesse, gli ha fatto guadagnare la fiducia di tutti coloro che ha fotografato. Producendo immagini con una qualità pittorica – sfumatura del dettaglio, ricca tavolozza di colori, e la composizione intricata – William Albert Allard è tanto artista quanto fotografo.
Figlio di immigrante svedese, nato a Minneapolis nel 1937 , Allard è cresciuto in Minnesota, ha frequentato la Scuola di Belle Arti a Minneapolis e l’Università del Minnesota laureandosi nel 1964. Nel 1994 ha ricevuto l’eccezionale premio Alumni dal rettore dell’ Università del Minnesota.
A partire dal 1964 Allard è stato uno dei più importanti contributori del National Geographic magazine, non solo come fotografo ma anche come scrittore, su cui ha pubblicato oltre 40 servizi. I suoi lavori sono stati inoltre pubblicati sia in Europa che in America. Allard ha fotografato in 30 paesi ed è stato per anni membro di Magnum Photos.
È autore di sei acclamati libri , incluso il premiato Vanishing Breed, candidato all’American Book Award, e che Associated Press ha classificato come “un classico”. Il suo ultimo libro, WILLIAM ALBERT ALLARD: Cinque Decadi, retrospettiva e memoria, esplora la sua lunga carriera come scrittore e fotografo. I suoi lavori sono stati esposti tre volte al Visa pour l’Image a Perpignan, Francia, così come 2 eventi di proiezioni notturne.
Attualmente vive nella periferia di Charlottesville, Virginia, con sua moglie Ani e i suoi due cani, Buster e Lizzy.