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CON UN FILO DI LUCE

di Stefano Mirabella

A volte ascoltando discorsi sulla fotografia sento dire: “la macchina fotografica non conta nulla, ci vuole il manico”

Una frase semplice ma che può generare disquisizioni lunghe e articolate, comunque un concetto da approfondire assolutamente, sia per chi si è appena avvicinato al meraviglioso mondo della fotografia, sia per chi lo frequenta già da qualche tempo.

In assoluto è indubbio che all’origine di ogni buona foto o di un buon progetto ci debba essere l’abilità di chi li realizza, un’abilità che può essere innata (qualche volta accade), oppure che si sviluppa e si concretizza con il passare degli anni, grazie all’esperienza diretta sul campo, ai corsi frequentati, ai confronti avuti, ai testi letti e osservati e alle mostre visitate. Ogni appassionato deve avere l’obbligo ma soprattutto il piacere, nel progredire e nel maturare una visione, che gli permetta di migliorare il suo rapporto con l’immagine.

Detto questo, è altrettanto vero che il fotografo in questione debba trovare con il proprio mezzo fotografico un feeling particolare, un’ intesa unica, che gli permetta di sentirsi a proprio agio in qualsiasi condizione fotografica gli si presenti difronte

Uno degli autori che preferisco in assoluto, Nikos Economopoulos, dice: “Per realizzare un certo tipo di fotografia devi farti entrare nel sangue una macchina fotografica e una lente”, seguendo questo “consiglio”, viene da se che il mezzo diventa  fondamentale. Bisogna che si crei un rapporto di simbiosi tra autore e mezzo fotografico. La macchina fotografica quindi, come estensione del proprio “sguardo” e come prolungamento del proprio braccio.

A questo punto come riuscire a capire quale macchina fotografica fa’ al caso nostro?

Mi limiterò a raccontarvi la mia esperienza diretta, questa volta non vi parlerò di fotografia di strada (troppe volte mi sono già espresso riguardo a Leica e la sua natura strettamente legata alla street photography e all’interazione con l’uomo e l’ambiente circostante) ma vi racconterò di una serie di fotografie realizzate per la casa di produzione e scuola Stabile di Roma: La SITI – Scuola Internazionale di Teatro all’Improvviso.

Una location fotografica con delle situazioni al limite, pochissima luce e l’esigenza di scattare con tempi veloci, per individuare e fermare l’attimo, a me tanto caro, e provare a raccontare le scene sul palco a modo mio, attraverso attimi, momenti particolari, sospesi, intensi.  Quasi sempre ho dovuto fare i conti con un “filo di luce” e mai come in queste occasioni particolari, veramente al limite, ti accorgi come un certo mezzo fotografico possa fare la differenza.

Sto parlando della Leica Q e del suo sensore full frame che conserva dettaglio ed estrema nitidezza anche ad iso elevati.

Sto parlando del Summilux 28mm, un obiettivo che grazie alla sua apertura relativa f1.7 risulta luminosissimo e pronto a sopperire alle  situazioni dove la luce scarseggia.

Una macchina fotografica, versatile adatta a tantissime situazioni diversissime tra loro. La scelta del proprio mezzo fotografico va quindi pensata e ponderata anche rispetto a situazioni un pochino più complesse rispetto alla classica uscita fotografica di giorno, con cielo sereno. Quando pensiamo ad una macchina fotografica, che ci possa accompagnare per un lungo e soddisfacente percorso, magari attraverso gli anni, pensiamola anche rispetto alle potenzialità che può esprimere. Immaginiamoci accanto ad una compagna di avventure che non ci tradisca mai, sulla quale contare sempre e comunque. Leica è tutto questo per me, ma non lo è per sentito dire o per il fascino esercitato dallo storico marchio, lo è perché l’ho provata sul campo e l’ho provata anche in situazioni come queste.

Nello specifico di questi spettacoli, ho esposto sempre in modalità spot sui tagli di luce che caratterizzavano alcune zone del palco, mettendo così in evidenza i volti e le situazioni che mi interessavano, rendendo di conseguenza il resto della scena molto scura, un “nero” che aiuta senza dubbio i soggetti ad emergere. Ho usato valori Iso alti, da 800 a 3600 senza nessun problema di “rumore”. Diaframma quasi sempre aperto per catturare quel filo di luce e tempi sufficientemente veloci per raccontare i tanti momenti particolari che caratterizzano gli spettacoli a teatro.

Per il resto basta dare sfogo alla fantasia e “seguire la luce” sempre.

© Stefano Mirabella

www.stefanomirabella.com

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