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Valutare la scena

“La corretta esposizione”

Alcuni fotografi sostengono che le fotocamere moderne siano bellissime, comodissime e funzionino benissimo. Sanno esporre perfettamente, le fotografie vengono sempre bene e non c’è ragione alcuna di munirsi di un esposimetro esterno… Quindi viene lecito chiedersi: perché scegliere, perché pensare all’esposizione, perché ragionare, non è forse meglio lasciare che siano gli automatismi a fare tutto? E poi è ora possibile sistemare le fotografie al computer, con il digitale sai, costa poco, si può scattare quanto si vuole e poi fai l’HDR e poi adesso l’esposizione viene calcolata sul soggetto principale a fuoco e poi… e poi…

E poi andate a vedere una mostra di Ansel Adams… E esclamate: ma che belle fotografie!

Vi rendete conto che non sono solo asettiche immagini visualizzate su un monitor, sono fotografie!!! Sono state pensate per esserlo, per essere inquadrate, esposte, sviluppate, stampate e appese alle pareti. Sono, a tutti gli effetti, il connubio di esperienza e tecnica e vivono della profondità dei dettagli nei neri e delle tenui sfumature dei bianchi.

E qui iniziano le giustificazioni: era un grande esperto di “post-produzione”, manipolava le sue immagini in camera oscura, stabiliva le correzioni, faceva molti tentativi e poi, alla fine, otteneva il risultato richiesto… modificava gli sviluppi, faceva tanti provini, cambiava i bagni chimici, mascherava le aree che erano sottoesposte o sovraesposte, insomma, se anche io avessi fatto… Se anche io avessi saputo… Blah, blah, blah, tante giustificazioni al vento…

E mentre pensate alle giustificazioni per i suoi successi e i vostri insuccessi, qualcuno, accanto a voi, guarda una fotografia e dice all’ignara amica: hai visto, guarda come l’ha esposta correttamente, pensa, era in macchina, ha visto il paesaggio in lontananza, si è fermato di colpo e ha piazzato treppiede e fotocamera, ha guardato la scena e conoscendo per esperienza l’illuminazione della luna in quella situazione l’ha posizionata in zona VII per averla sufficientemente chiara ma non perdere dettaglio, a occhio, pensa!!! Ha fatto tutti i suoi calcoli a mente, in pochissimo tempo, senza esposimetro, non aveva avuto il tempo di cercarlo. Guarda il nero del cielo, i dettagli della luna lo sviluppo dei toni di grigio nel paesaggio…

Ecco, quando sentirete qualcuno, a un’esposizione di Ansel Adams, commentare così una fotografia… sarete innanzi a “Moonrise, Hernandez, New Mexico, 1941”.

Ansel Adams

“Moonrise, Hernandez, New Mexico”

Guarda il video in inglese

Ansel Adams dedicò quasi quarant’anni della sua vita alla ricerca della stampa perfetta e mai ne fu convinto. L’idea di perfezionare l’immagine ripresa lo spinse a realizzare oltre 900 definitivi, una ricerca che ha reso quest’immagine l’icona del suo lavoro. Egli realizzò lo scatto prefissando il risultato finale che inseguì a lungo in camera oscura differenziando le immagini in grandi o piccoli interventi. La sua visione della fotografia era tesa al perfezionismo estetico cercando di raggiungere quanto idealizzato in ripresa e, se possibile, migliorare l’idea avuta.
Con il famosissimo “Sistema Zonale”,  a tutti gli effetti, non inventò nulla. Al pari W. K. Burton e tanti altri, mise per iscritto le sue intuizioni, le sue idee, le sue esperienze, le sue sperimentazioni. Sviluppò in teoria un sistema che tutti usavano in modo empirico. Certo, diede un metodo, una logica, una tecnica e rese più semplice il controllo dei risultati. Dedicò la vita a far sì che la luce da lui percepita, la scena da lui visualizzata, divenisse riproducibile su pellicola e quindi su carta. La sua bravura fu dimostrare che era possibile applicare un metodo di lavoro alla creazione di meravigliose fotografie, ma soprattutto, stabilì che un negativo esposto nel modo più corretto potesse poi essere ottimizzato in fase di sviluppo e quindi in fase di stampa.

Ansel Adams racchiuse tutta la realtà in 10 zone, 10 semplicissime tonalità di grigio che si ponevano come scalini dal nero assoluto e al bianco puro.
Di per sé il metodo di lavoro è semplice: si guarda una scena, si valutano i valori massimi e quelli minimi, si stabilisce se qualcosa è sacrificabile e quanto la perdita di questi valori possa ridurre la qualità dell’immagine finale e quindi si determina il valore di esposizione del soggetto principale e lo si colloca in una zona appropriata. Il soggetto principale avrà un valore di grigio che lo metterà in risalto e tutti gli altri elementi verranno “soggiogati” al suo servizio grazie all’appropriato processo di sviluppo.

Ancor più semplicemente, se ci trovassimo innanzi a un tuareg su una duna durante un tramonto in controluce, la scelta del soggetto principale sarebbe fondamentale:
– vogliamo dare valore alla silhouette? privilegiamo l’esposizione del cielo, sapendo che il soggetto in ombra diverrà molto probabilmente una macchia nera.
– vogliamo dare valore al soggetto? privilegiamo l’esposizione del volto sapendo che il cielo diverrà bianco e slavato.
– vogliamo mantenere leggibile il soggetto e il cielo? Beh, a questo punto dobbiamo considerare il miglior compromesso.

Il sistema zonale, in pratica, offre la possibilità di stabilire matematicamente quale compromesso è vantaggioso e come trarne i massimi benefici. (lo so, detta così è quasi un’eresia…)

Ecco, il sistema zonale è una metodologia di lavoro che ci obbliga a ragionare, a scegliere la corretta esposizione, è un metodo che viene abitualmente utilizzato anche dai fotografi di reportage, quando impostano i valori sulla loro fotocamera prima ancora di portarla all’occhio, poiché sanno qual’è la luce media della scena e soprattutto sanno ottimizzare l’esposizione sul soggetto sovraesponendo o sottoesponendo a seconda delle esigenze.
Ma ancor di più, a determinare la capacità di un fotografo è la consapevolezza che la luce che illumina la scena è ben differente da quella che ne viene riflessa, un esposimetro incorporato sarà sempre succube degli elementi e non avrà mai la possibilità di distinguere un panno di velluto da un tessuto in raso o una spiaggia dei caraibi da una distesa di neve. Questa “piccola” differenza di materiali porta un elemento a assorbire la luce e un altro a rifletterla in modi inusuali e mai scontati.
Ecco perché Ansel Adams è stato in grado di esporre a occhio una scena, non si è fermato alla luce riflessa dagli elementi ma è andato oltre, ha usato la sua esperienza per valutare la miglior esposizione conoscendone il risultato prima ancora di scattare l’immagine.
L’abilità non è nello stabilire un valore “corretto” ma nel visualizzare tutto il processo produttivo, sapere cosa sarà possibile recuperare e come, e in seguito procedere con uno schema logico che non prevarichi i ragionamenti fatti in ripresa. Con la fotografia digitale abbiamo una grande possibilità: estendere senza costi aggiuntivi la nostra capacità di intervento ai minimi particolari dell’immagine, modificando senza limitazioni toni, saturazioni e contrasti con il preciso obiettivo di perseguire e migliorare l’idea avuta in ripresa.

www.simonebassani.it

© Simone Bassani

L’immagine in header è il crop di © Ansel Adams – Moonrise, Hernandez, New Mexico, 1941

Scopri la tabella dei valori di luce

Avrei voluto postare l’immagine di Moonrise Hernandez ma, ripensandoci bene, consiglio a tutti di andare a vederla in una mostra…

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