In Ladakh con Leica T e Leica Q
di Simone Bassani
Il Ladakh è una delle divisioni dello Jammu e Kashmir, uno stato dell’India. E’ quella terra desolata che si estende sul Grande Himalaya indiano a una quota compresa tra i 3000 e i 7200 metri, aperto ai turisti dal 1974, è ancora troppo poco ospitale per il classico lussuoso tour in pullman e hotel stellato. E’ un luogo dove il viaggio ha un senso, sia esso in macchina, a piedi, in bici o in moto. E’ la terra degli alti passi, dove sul Khardung La, sul Wari La o sul Changda La, a più di 5300 metri, puoi trovare i ciclisti che salgono le impervie strade sterrate e altrove i trekker che pernottano in tenda e compiono tragitti unici in paesaggi incontaminati. E’ la terra dei monaci buddhisti, dei monasteri e dei villaggi dispersi nelle oasi. Ma il Ladakh non è solo questo, in realtà è molto altro… E’ la terra dei paesaggi mozzafiato e dei volti sorridenti, la terra della gentilezza, del trekking e … del fiato corto.
Quando viaggi ti documenti, devi farlo, sapere dove vai, cosa puoi trovare, cosa fotograferai e quali saranno i problemi che incontrerai. Un tempo si usava la vecchia e cara Lonely Planet, oggi, fortunatamente, grazie al web ci sono molte più risorse. E quando guardi su internet, immancabilmente, scopri qualche inconveniente, qualche problema, qualche catastrofe e soprattutto qualche malattia. Il primo grande problema è la quota. Arrivare e pernottare a 3500 metri non è una passeggiata, non che si trovino difficoltà (a meno che non si soffra di mal di montagna – AMS – guarda a caso una malattia), ma certamente qualche notte insonne è da mettere a preventivo, più di tutto, però, quella bella borsa fotografica che pesa così poco in città, diventa un macigno da spostare ogni passo a quelle quote. Viaggiare è anche visitare i monasteri, entrare nelle porticine a misura di monaco tibetano (140cm circa) dopo aver salito scalini irregolari e scostanti a misura di gigante (dai 25 ai 45cm l’uno). Fotografare non è la cosa più semplice meglio non essere sovrappeso e portare il minimo indispensabile. Eggià, ecco la catastrofe!
“Per fotografare un paesaggio avrò bisogno di un teleobiettivo e in interni un obiettivo leggero e luminoso, per fare ritratti in controluce dovrò avere un pannello di schiarita e per fotografare di notte mi servirà un cavalletto…” Quindi? Se fai quattro conti parti per un paese come questo con uno studio in valigia, dieci assistenti e il doppio di tutto perché non si sa mai… Purtroppo non è quasi mai possibile.
In definitiva ho portato più cavi, adattatori e batterie che macchine fotografiche, ma al giorno d’oggi quelli servono sempre soprattutto se prevedi di trovarti qualche giorno nel nulla e senza elettricità. Mi ero prefisso di fotografare paesaggi, monasteri e soggetti nel contesto ambientale. Ho sacrificato quindi due ottiche forse utili ma pesanti: un teleobiettivo (Telyt-R 250mm f/4.0) e un medio tele (Summilux-R 80mm f/1.4) che sulla Leica T mi avrebbero aiutato moltissimo nei paesaggi ma… Avevano un peso eccessivo.
Eggià… Il peso, il limite per il bagaglio a mano era di 7Kg e lo avrebbero pesato sicuramente, non potevo eccedere troppo… Una borsa di buone dimensioni, anche leggera, arriva facilmente a 1,5/2Kg. Non resta moltissimo da mettere… Quindi massima lunghezza focale 135mm (ovvero 200mm circa rapportato al 35mm) e per gli interni dei monasteri una minima lunghezza focale di 11mm (ovvero 17mm circa rapportato al 35mm). Insomma, due fotocamere e ho coperto quasi tutto. Peso dei due giocattolini compresi di obiettivi e accessori? Circa 2,5Kg buttiamo sulla bilancia anche i 800gr circa della Leica Q con impugnatura e batteria, arrotondiamo il tutto e viene fuori che borsa compresa siamo già a 5,2Kg… Mmm… Ecco, sembra sempre che tutto pesi così poco, che le fotocamere siano leggere, ma se non stiamo attenti ci carichiamo come dei muli. Mancano ancora cavalletto, pannellino, flash, accessori, prese multiple e… Bah! Lasciamo perdere, quello che avanza finisce in valigia e poi resterà in macchina.
Il mio approccio è stato quello tipico del fotografo / appassionato / viaggiatore / turista, insomma, non giriamoci troppo attorno, un minimo di confort, un po’ di relax e tantissimo stupore innanzi alle meraviglie della natura. Ecco, così credo di aver vagato in questi paesaggi unici: con il volto di un bambino un po’ assonnato che si sveglia la mattina di Natale e scopre i magnifici regali sotto l’albero. In quella terra al di fuori del tempo ho dovuto cambiare il programma di viaggio numerose volte a causa delle frane e delle esondazioni (anomalie meteorologiche avvenute guarda a caso nel 2010 e nel 2015), ho scoperto cosa intendono i ladakhi per strada lievemente dissestata, ho visto cose che voi umani… Insomma, ne sono rimasto affascinato. Il cielo, la luce, la natura, i colori, a quelle quote tutto è più chiaro, luminoso, terso. Nuvole tetre miste a cieli blu, sole splendente e tempeste di sabbia, dal verde più acceso al blu del lago Pangong, irriproducibile in fotografia per il tanto splendore.
In tutto questo ho trovato due splendide compagne di viaggio. La Leica T ha confermato la mia impressione di fotocamera dedicata a chi vuole viaggiare. Che dire? Ora, con il nuovo firmware è migliorata molto, ma già quest’estate (2015) si era dimostrata unica, fenomenale, una vera compagna di viaggio. Compatta e leggera, comoda, semplice da usare e con la qualità che cerco in una fotocamera. Non aveva ancora l’ultimo firmware, sarà che io l’ho apprezzata fin dal primo momento, ma posso dire che sicuramente non mi ha dato fastidio. Autofocus lento? Fotocamera solo bella e poco pratica? No, mi spiace, non ho avuto alcun problema con i corpi macchina e sinceramente non ho sentito necessità di un autofocus più veloce, le montagne e i templi non si movevano poi così tanto e quando viaggi hai tutto il tempo di intrattenerti con le persone che ritrai. O meglio, devi farlo, il turista è mosso da interessi culturali, vuole svagarsi, vuole evadere e per farlo cerca di relazionarsi con le persone e pur nella banalità di molte immagini riporta ciò che ha visto e le fotografie delle persone con cui ha interagito. Inoltre, fattore non da poco… La ricarichi come un cellulare! E quando non hai possibilità di collegarti a una presa elettrica, basta un battery pack con uscita USB a 1.0A e ricarichi la batteria nella fotocamera. I colori, la nitidezza, i volumi sono parte integrante del mio modo di vedere il mondo, che passa da tantissimi anni attraverso un obiettivo Leica.
E poi lei, la Leica Q! Credo di aver fatto il 40% delle immagini con questa fotocamera. L’adoro! Interni, esterni, notte, giorno, paesaggi e ritratti, insomma, puoi fotografare tutto con la massima velocità e praticità… Che dire, se non vi fossero situazioni nelle quali è fondamentale avere ottiche differenti dal 28mm sarebbe la macchina perfetta. Sono un po’ integralista? Mmm… Lasciatemi pensare… Sì! :)
In effetti devo riconoscere che le fotocamere hanno risposto egregiamente alle mie esigenze, senza lasciare dubbi. Le ho usate a lungo ma volevo stressarle in un viaggio nel quale le condizioni atmosferiche rendessero le luci straordinarie e hanno soddisfatto pienamente le attese. Colori, dimensioni, qualità e flessibilità d’uso erano quello che cercavo e ciò che ho avuto, per di più mi hanno stupito le batterie, pensavo di doverle cambiare più spesso ma non ho avuto di questi problemi, anche se non mi azzarderei mai ad andare in giro senza cambi nella borsa…
© Simone Bassani