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Esporre correttamente: Tempi, diaframmi, ISO e valori LV

di Simone Bassani

Lo so, questa è la parte più noiosa, alcuni la troveranno troppo semplicistica e poco tecnica altri troppo complessa e caotica.
Questo è però solo un “bigino”, un compendio alla tecnica che racchiude nel modo più semplificato possibile gli elementi che bisogna considerare per realizzare la corretta esposizione.
Nonostante il modo semplice e semplicistico con cui si sono trattati gli argomenti, l’articolo è comunque lungo e dettagliato.

Prima di partire per sezionare il mondo dell’esposizione muniamoci di alcuni termini e strumenti e poi… uniamo i puntini.
Il tempo – Il diaframma – La sensibilità ISO – I valori LV

Ora, scorrendo rapidamente i termini elencati potremmo dire che alcuni di essi si conoscono.
Il tempo, beh, facile, è il trascorrere dei minuti, se dovessi pensare a una vasca da bagno, potrei dire che più tempo terrò aperto un rubinetto, più acqua riempirà il recipiente.
Il diaframma normalmente è una membrana, un separatore, può essere chiuso o provvisto di aperture di differenti dimensioni per limitare la portata degli elementi. In parole povere, se dovessimo riempire una vasca da bagno, più sarà ampia l’apertura, quindi il diametro del rubinetto, più acqua scenderà in un determinato tempo e quindi più velocemente si riempirà il nostro recipiente. Quindi, come vediamo tempo e diaframma coesistono con il recipiente e interagiscono tra loro…
Ma, a questo punto, come si rapportano queste informazioni alla fotografia?

Detto che il recipiente ha una forma e una dimensione, questa è espressa tramite il volume che ne determina la capacità di contenere gli elementi che in fotografia equivale alla capacità di immagazzinare la luce e questa unità è definita “semplicisticamente” ISO. Pertanto, se rapportiamo il tutto alla fotografia, il diaframma è un elemento che consente di stabilire la quantità di luce che passa attraverso l’obiettivo, il tempo è un’unità di misura che ne determina la durata e gli ISO sono un valore che determina la capacità di un sistema di immagazzinare la luce.

Vediamo il semplice esempio della vasca da bagno:

Tempo-Diaframma-ISO

Web

Una grande apertura riempirà il nostro contenitore in meno tempo, mentre una più stretta impiegherà più tempo per riempirlo.

Fino qui ci siamo…

Ma, restando invariato il tempo e cambiando il contenitore, dovremo per forza modificare il diaframma, giusto?
Diaframma-ISO


In pratica il senso di questo esempio è molto semplice:
L’esposizione è un equilibrio di valori tra tempo, quantità e capacità, variando uno degli elementi sarà necessario modificarne almeno un altro per compensare eventuali errori, altrimenti vi troverete con una vasca vuota o il bagno allagato… Ehm, scusate, una fotografia troppo chiara o troppo scura.

Ora, però, salta fuori il “tennico”, l’idraulico della situazione, che puntualizza: ma avete controllato la pressione dell’acqua? No? Ciumbia se cambia quella, cambia anche il tempo con cui si riempie il contenitore?
Mmm… Sagace…
In effetti la luce non è sempre la stessa, cambia di intensità, e mutando la sua “forza” ovviamente riempie il nostro contenitore in tempi differenti, quindi è importante considerare la quantità di luce che arriva al nostro sistema ottico e di conseguenza al sensore/pellicola. Ovvero il valore della luce (LV = light value = valore di luce).

Web

Con poca luce, pur aprendo molto il diaframma, per raggiungere la corretta esposizione dovrò attendere molto tempo, mentre con tanta luce, aprendo allo stesso modo il diaframma dovrò attendere pochissimo e quindi impostare un tempo estremamente veloce.

Ciò che è determinante in fotografia è la quantità di luce che illumina la scena, tempo e diaframma vengono regolati di conseguenza per consentire il giusto afflusso di luce al nostro sensore/pellicola.
Tanta luce = tempo veloce – diaframma chiuso (passa poca luce per poco tempo)
Poca luce = tempo lento – diaframma aperto (passa più luce possibile per molto tempo)

Ma insorge un problema, lasciando passare la luce per tanto tempo aumenterò il rischio di muovere la mia fotocamera, quindi di avere un effetto mosso, pertanto sarà necessario aumentare la capacità del nostro sensore/pellicola di immagazzinare luce, nel caso in cui ci trovassimo in situazioni di difficoltà. Nella fotografia tradizionale significa cambiare pellicola (ecco perché tanti fotografi usavano due corpi macchina) nella fotografia digitale è sufficiente modificare il valore della sensibilità.

E adesso che abbiamo tirato in ballo tutto questo, cosa facciamo?

Beh… Cerchiamo di trovare una relazione tra questi elementi e stabilire dei valori.

Abbiamo detto che fino a ora possiamo contare sul tempo (durata del flusso di luce), il diaframma (apertura del passaggio di luce), gli ISO (il volume corretto di luce che possiamo immagazzinare) e gli LV (la quantità di luce esistente in ripresa). Tutti questi elementi sono in relazione tra loro, l’esposimetro della fotocamera si basa su questi elementi per determinare la formula corretta di esposizione, ma noi dobbiamo ancora fare qualche passo per arrivare a comprendere come, questi dati, possano aiutarci a determinare i corretti valori senza troppi calcoli.

Lasciamo perdere gli esempi di idraulica e affini e partiamo dallo stabilire quali sono le unità standard in fotografia:
– per il tempo il valore base è 1 secondo (di conseguenza i suoi multipli e le sue frazioni)
– per gli ISO il valore base è stato stabilito in ISO 100/21° (non chiedete perché sia comparso il /21°, non fateci caso…) e si è stabilito che al raddoppiare del numero degli ISO, raddoppia la quantità di luce immagazzinata (a ISO 400 sarà 4 volte maggiore, a ISO 50 sarà quindi la metà)
– per il diaframma il valore base è f/1,0 e più è grande il suo numero, minore è la quantità di luce che passerà per l’apertura.
Anche qui, è stata stabilita una scala: ogni volta che il diaframma aumenta di 1,4142 volte, si dimezza la quantità di luce che gli passa attraverso: 1 – 1,4 – 2 – 2,8 – 4 – 5,6 – 8 – 11 – 16 – 22 – 32 – 45 – 64.
Ma attenzione, il diaframma è anche detto apertura relativa, ovvero è un rapporto tra la lunghezza focale dell’obiettivo (es. 100mm) e il diametro che consente il passaggio della luce (es. diaframma diametro 50mm – lunghezza focale 100mm: focale 100mm / diaframma massimo 50mm = f/2). Non che vi interessi in questa fase, era giusto per chiarire e incasinarvi un attimo la lettura…

Diaframmi

Stabiliti i valori di base, è stato quindi necessario stabilire un valore base per gli LV.

Si sono presi tutti questi dati e si è stabilito che il valore LV 0 fosse uguale a:
sensibilità: ISO 100 – diaframma f/1,0 – tempo 1s

Quando sono verificate queste condizioni di esposizione si può dire che la scena corrisponde a LV 0 e al variare di ogni singolo valore (esempio: tempo, diaframma o ISO) corrisponde la variazione dei valori luce per quello che viene chiamato in fotografia uno stop. Tenete presente che il valore LV 0 corrisponde a una debole luce artificiale indiretta ovvero molto ma molto meno di un ritratto a lume di candela…
Per intenderci, dato che vi ho incasinato veramente la lettura:

sensibilità: ISO 100 – diaframma f/1,0 – tempo 1s = LV 0
sensibilità: ISO 100 – diaframma f/1,4 – tempo 1s = LV 1
sensibilità: ISO 100 – diaframma f/1,4 – tempo 1/2s = LV 2
sensibilità: ISO 100 – diaframma f/2,0 – tempo 1/2s = LV 3
sensibilità: ISO 100 – diaframma f/2,8 – tempo 1/2s = LV 4

Ci siamo? No? Mmm…

Focalizziamo l’attenzione su un particolare fondamentale
fotografìa s. f. [dal fr. photographie, che a sua volta è dall’ingl. photography, comp. di photo– «foto-» e –graphy «-grafia»]

Non lo dico io, lo dice il Vocabolario Treccani e credo meriti la massima attenzione. Ma da dove viene, quindi, il termine photography da cui nasce tutto questo?

Il termine Photograph è stato coniato da Sir John Herschel unendo photo- e -graph vocaboli inglesi che traducono il greco φωτός (phōtos), genitivo di φῶς (phōs) -“luce” e γραφή (graphé) -“disegno”. Questo nuovo termine è apparso per la prima volta in uno scritto della Royal Society il 14 marzo 1839. Alcuni attribuiscono invece il merito al pittore francese Hercules Florence che in una nota del 1834 utilizzò photographie, mentre i tedeschi pensano sia stato Johan von Maedler che utilizzò questo termine su un giornale tedesco il 25 febbraio del 1839, tranquilli, sicuramente analizzando bene gli scritti di Da Vinci, scopriremo che coniò lui il termine. Ma questa è un’altra storia…

Sembra un semplice aneddoto, anche interessante, ma non è così, anzi…

Fotografare significa, nell’accezione più comune del termine, disegnare con la luce, pertanto è importante, o meglio, fondamentale, conoscere quale sia il valore della materia prima. Ecco, la luce è come il marmo per lo scultore, l’oro per il cesellatore, il pigmento per il pittore, dimentichiamoci per un attimo il soggetto, i colori, la composizione, tutto ciò che viene dopo… Senza luce non c’è fotografia!

Quindi risulta fondamentale, anzi, essenziale, prima ancora di comprendere cosa sia la composizione, avere ben chiaro che disegnare, dipingere o scrivere con la luce, richiede prima di tutto la conoscenza del mezzo con cui operiamo. Come un tempo Bernini, Michelangelo e Donatello conoscevano la materia che andavano a scolpire, così noi dobbiamo conoscere con precisione la luce.

E’ un mezzo primario e i suoi valori sono fondamentali. Più sono bassi i valori di luce presenti in ripresa, più avremo difficoltà a rendere tutti i particolari della scena, immaginate una pietra grezza, calcarea, con tanti buchi e imperfezioni… Anche il migliore scultore dovrà adattarsi ad essa e rendere le imprecisioni parte irrinunciabile della propria opera. Pensiamo poi al diamante una pietra perfetta, levigata, splendente, ma difficile da scolpire. Siamo al limite della lavorazione, dobbiamo stare attenti, non forzare troppo o tutto andrà in frantumi, ecco, anche in questo caso la materia prima è fondamentale.

Conoscere la luce ci permette di superare le difficoltà. Dividere i valori di luce in una scala ci permette di catalogare i risultati che andremo a ottenere e governare gli elementi. Conoscere cosa accade al variare di tempo e diaframma ci permette di superare le difficoltà dettate dall’illuminazione stessa. Data questa padronanza del mezzo, è poi possibile superare i limiti creativi della ripresa e ottenere ciò che ci si è prefissati in fase compositiva.

Ma perché tutto questo è importante?

Beh, pensate che uno dei più grandi rivoluzionari nella storia della fotografia fu W. K. Burton, il quale, nella seconda metà del XIX secolo, comprese quanto fosse difficile stabilire la giusta esposizione per le lastre, non vi erano strumenti, tutto veniva fatto a occhio ma soprattutto non esisteva documentazione tecnica. Nessuno aveva mai pensato che vi fosse una correlazione tra la luce esistente, la pellicola a disposizione e le impostazioni tecniche della fotocamera.
Grazie all’intuizione di questo ingegnere fu possibile stilare una tabella d’uso che permise di associare a ogni situazione di luce un tempo e un diaframma in funzione della sensibilità. Certamente oggi fanno sorridere queste cose, ma dobbiamo sempre tenere a mente che, grazie a questa intuizione, si comprese l’esigenza di munire il fotografo di strumenti tecnici in grado di aiutarlo sul campo e proprio per questo evolversi fino ai nostri giorni.
La tabella di W. K. Burton, sviluppatasi nel tempo, oggi viene conosciuta come tabella delle corrispondenze LV – EV o meglio ancora regola Sunny f/16.
Rif. – SCIENTIFIC AMERICAN SUPPLEMENT NO. 492 – NEW YORK, JUNE 6, 1885

www.simonebassani.it

© Simone Bassani

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