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Kalimantan Borneo Expedition October 2016

di Riccardo Gallino

Il Borneo è stato il mio pensiero fisso per anni: volevo esplorare una delle foreste più impenetrabili del globo vivendo come un vero dayak. Ho speso moltissimo tempo documentandomi su ogni aspetto e pianificando meticolosamente il mio viaggio della vita, che si è andato poi a realizzare una volta trovati i giusti compagni di avventura. Avevo bisogno di gente dura e resistente per affrontare le condizioni ambientali più estreme con caldo torrido e piogge torrenziali tra sentieri fangosi e guadi impetuosi.

Tali condizioni rendono difficoltosa la sopravvivenza degli uomini, ma ancor più quella di mezzi e materiali: documentare la mia avventura meticolosamente sarebbe stata una sfida altrettanto impegnativa.

Ho viaggiato per tutto il mondo utilizzando reflex leggere con uno zoom medio 24-105 che si è sempre rivelato l’ottica perfetta per le mie esigenze, ma in questo frangente anche il mio solito setup appariva ingombrante e fragile: nella giungla la regola numero uno è “scordarsi il concetto si asciutto”.

Nemmeno la reflex più tropicalizzata avrebbe resistito a una caduta rovinosa nel fiume per un guado andato male o alle secchiellate d’acqua di una pioggia improvvisa  persistente per giorni e da esperienze precedenti sapevo che inevitabilmente l’ottica avrebbe finito per riempirsi di condensa.

Avevo bisogno di una macchina non solo tropicalizzata ma proprio impermeabile all’estremo, sufficientemente compatta nelle dimensioni e nel peso, e soprattutto con un sensore adeguato che mi consentisse di scattare in RAW con buona qualità finale.

Nella pletora delle compatte classificate come subacquee nessuna andava a riempire tutte le mie specifiche, specialmente per quanto riguardava il sensore e il formato RAW.

Quando quasi ero rassegnato a dotarmi di una compatta di fascia alta accoppiata a un’ingombrante scafandro da sub mi sono imbattuto in un gioiello compatto dal nome X-U: un corpo Leica X impermeabile al punto da essere subacqueo (U-nderwater).

Le specifiche erano compatibili con le mie esigenze ma rimanevano due incognite con cui avrei dovuto convivere.
La prima riguardava l’assenza di un mirino ottico o almeno elettronico: inquadrare con il solo display  fa prosciugare velocemente la batteria e dove ero diretto non avrei avuto prese di ricarica disponibili per almeno una decina di giorni.
Il secondo dubbio era relativo all’ottica fissa equivalente 35mm:  essendo abituato ad uno zoom medio mi sembrava di avere un’orizzonte creativo molto ristretto.

Le apparenti limitazioni in realtà hanno condizionato favorevolmente il mio modus operandi.
Il 35mm si è rivelato limitato solo per quanto riguardava le foto di animali da lunga distanza, nel reportage sociale ero già abituato a stare “dentro” alla scena usando regolarmente il 24mm a stretto contatto con le persone quindi con il 35 mi sono ritrovato velocemente a mio agio.
Le batterie si sono rivelate sufficientemente efficienti garantendomi una buona autonomia giornaliera, ma avevo provveduto comunque a portarne una dozzina dato il loro peso e ingombro irrisorio.

Mi sono poi trovato ad impugnare e scattare con la camera in posizioni inusuali, sporgendomi da barche o dirupi, in bilico su tronchi e rocce scivolosissime o guadando fiumi impetuosi: situazioni in cui in qualsiasi caso non avrei inquadrato usando un mirino e raramente potevo controllare anche il display.

La mia scelta ha suscitando la curiosità dei miei compagni d’avventura dotati di attrezzatura canonica: io preferivo avere una macchina all’apparenza limitata nelle funzioni ma  affidabile in qualsiasi situazione e sono stato ripagato della scelta non ravvisando mai un malfunzionamento o condensa nella lente anche dopo giorni di pioggia e rovinose cadute in acqua dell’attrezzatura.

La compattezza e leggerezza della macchina mi permetteva poi di riporla in una speciale borsa in Cordura progettata dalla ditta Frog.pro appositamente per la spedizione su misure della Leica X-U, con un’innovativo sistema di aggancio agli spallacci dello zaino per ridistribuirne ulteriormente il peso tenendola facilmente accessibile ma protetta allo stesso tempo, e con sufficiente spazio  per contenere schede di memoria e batterie.

L’autofocus non mi ha mai deluso anche in pessime condizioni di luce e grazie alla ghiera di notevoli dimensioni era immediato focheggiare manualmente, con i guanti indossati o macchina ricoperta di fango.

In questa modalità il display zooma automaticamente al centro dell’inquadratura ingrandendola in una finestra come ulteriore ausilio software alla messa a fuoco manuale, e per ogni evenienza di fuoco problematico è sempre possibile ricorrere all’efficace iperfocale.

Unica mancanza di questa macchina nata per le condizioni di outdoor estremo è l’assenza di un sistema di geolocalizzazione degli scatti tramite gps.

Ho utilizzato con profitto la macchina nelle peggiori condizioni ambientali immaginabili per più di 100km di cammino in foresta e 2000km di navigazione fluviale su mezzi di fortuna: non avrei potuto fare scelta migliore della Leica X-U che mi ha sempre permesso di effettuare ottimi scatti senza alcuna esitazione.

© Riccardo Gallino

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