Perché fotografare con il 28mm? E’ una domanda apparentemente banale ma racchiude un mondo di immagini a volte dimenticate.
Un tempo si partiva con la “triade” 28-50-135. Coloro che iniziavano a fotografare negli anni settanta/ottanta vedevano in questi tre obiettivi la soluzione media a tutti i problemi. Un discreto grandangolare, un’ottica normale e un medio tele per ritratti e paesaggi. Diciamo che volendosi spingere oltre il 35mm questi tre obiettivi consentivano di coprire un’ampia gamma di esigenze.
Ma con l’avvento degli zoom e della fotografia digitale tutto questo si è un po’ perso. Ci si è dimenticati l’uso della focale fissa.
Iniziamo questa riscoperta, dal 28mm! Il classico grandangolare.
Abbiamo posto alcune domande a fotografi che operano in differenti ambiti, dalla street photography al reportage… Vediamo le risposte.
Eolo Perfido
“Street Photography”
C’è sempre stata molta incertezza su quale fosse l’obiettivo migliore per la fotografia di reportage e street, molti sostengono il 50mm, altri il 35mm e poi via per arrivare a chi si spinge verso il 28mm e oltre.
Non ci sono obiettivi migliori di altri. Anche solo definire il concetto di migliore o peggiore è fuorviante. L’obiettivo rimane cmq molto importante perchè definisce le caratteristiche del nostro punto di vista.
Qual’è il tuo approccio alla fotografia di reportage e street?
Quando mi dedico a delle sessioni di Street Photography il mio è un approccio semplice. Cerco quei momenti della quotidianità che inseriti all’interno del confine dell’inquadratura rivelano piccole storie fatte di emozioni, grafica ed armonia tra le due.
Perché la scelta di un’ottica grandangolare come il 28mm?
Il mio approccio con le persone cambia molto a secondo del mio umore e del mio stato emotivo.
Ci sono delle volte che mantengo una certa distanza dai miei soggetti e mi limito a catturare ciò che accade intorno a me senza interferire.
Altre volte invece decido di entrare in contatto più intimo con il mondo e le persone che incontro.
In queste occasioni il 28mm è l’ottica che prediligo perchè mi “costringe” ad essere molto vicino ai soggetti che voglio ritrarre. Non è un’ottica semplice da capire e necessita di molta pratica, ma la sua capacità di lavorare in modo eccellente in iperfocale la rende un’ottica fondamentale nel corredo di uno street photographer.
Entrare nella scena, a contatto con le persone, nella loro intimità può frenare, come si supera questo scoglio?
Molto dipende come si è caratterialmente. Per alcune persone è semplice e non vivono il contatto con gli estranei con particolare stress. Per altre è più complicato e la Street Photography è un’ottima medicina contro quel genere di timidezze che non dovrebbero far parte del bagaglio caratteriale di un fotografo. Per questo suggerisco di praticare la Street Photography a qualsiasi tipo di fotografo, anche a chi è abituato a lavorare in studio. E’ un esperienza molto formativa oltre che una crescita personale.
Questa “ attitudine all’altro” specialmente quando non ci risulta naturale, va alimentata dalla pratica continua, proprio come un muscolo che bisogna tenere sempre in movimento per non perdere l’allenamento.
Più profondità di campo, più vicini, più capacità di descrivere l’ambiente che ci circonda, non sono troppe cose da gestire?
Anche in questo caso la pratica aiuta a “vedere” ed anticipare gli eventi.
All’inizio possono sembrare troppe le variabili che entrano in gioco, ma una volta allenato l’occhio ed i riflessi, ci accorgeremo che le cose che stanno per accadere ci danno dei segnali inequivocabili : le direttrici delle persone in movimento, gli ostacoli che potrebbero incontrare, i colori o le componenti grafiche delle architetture o degli oggetti che ci circondano.
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Marc de Tollenaere
“Travel Photography”
Partire per un viaggio non è mai facile, spesse volte si incorre nella voglia di portarsi tutta l’attrezzatura a disposizione, ma partiamo con te dalle basi, la vecchia triade tanto acclamata negli anni ottanta: 28 – 50 – 135mm
Iniziamo dal più grandangolare il 28mm, come lo definiresti in una sola parola?
Se dovessi usare una sola parola lo definirei: “unico”. Nel senso che per me è l’obbiettivo che mi permette di essere in ogni luogo e di vivere da vicino la situazione in cui mi trovo.
Qual’è il tuo approccio alla fotografia di viaggio?
La fotografia di viaggio è dentro di me da sempre. Sono nato in Libia 46 anni fa e da allora ho cambiato casa 29 volte, quindi ogni luogo che visito, ma anche il luogo in cui vivo adesso, Venezia, è da me visto con gli occhi di chi ha la fortuna di essere lì ma non è sempre vissuto lì. Quindi mi sorprendo per le cose che vedo e le persone che incontro, sia in giro per il mondo, sia 1 metro fuori dalla porta di casa. In particolare in viaggio cerco di resistere alla tentazione di fotografare tutto, e di concentrarmi sulle cose che interessano a me, cioè interni, persone, la fatica di vivere. Negli anni, con l’esperienza, si impara a riconoscere ciò che si cerca, e a concentrarsi su alcuni aspetti della vita, dei luoghi, invece che disperdere le energie correndo dietro a tutto.
Perché la scelta di un’ottica grandangolare come il 28mm?
Il 28mm è universale e mi permette di andare in giro senza preoccuparmi d’altro che di ciò che vivo in quel momento. E’ piccolo, inintrusivo, con un angolo di campo perfetto per la maggior parte delle situazioni. So che ciò che fotografo avviene nel raggio di massimo 3 metri da me, perché voglio essere lì e “sentire la situazione”. Inoltre, abbinato alla M con 24ml di pixel mi permette anche di ritagliare in post-produzione e di avere delle eccellenti immagini come se fossero scattate con un 35mm. Ma la cosa che più conta per me è di poterlo avere sempre con me, a che servono altri obbiettivi, zoom ecc. se poi nella maggior parte dei casi diventano un ostacolo o vengono addirittura lasciati a casa? L’utilizzo di un obbiettivo unico, tra l’altro permette, e obbliga aggiungerei, a conoscere alla perfezione quale sarà il campo inquadrato, e di capire cosa posso ottenere spostandomi io, piuttosto che cambiando ogni volta ottica.
Non sempre il 28mm è l’ottica perfetta, questa è la frase che sentiamo spesso da chi ama i supergrandangolari e gli zoom, cosa rispondi?
Dico che ognuno è libero di scegliere l’ottica che preferisce, ma poi voglio vedere i risultati. E per risultati non intendo ciò che si può fare in un giorno, bensì in anni di fotografie. Quanti sono quelli che portano un lavoro serio fatto solo con i supergrandangolari? Per gli zoom il discorso è un po’ diverso, a mio parere hanno il grosso difetto che permettono di fare delle foto decenti da subito, perché per pigrizia o per paura uno non si avvicina al soggetto, ma allunga la focale, e poi finisce in uno dei peggiori vicoli ciechi possibili perché non riesce più a comprendere l’importanza di avvicinarsi di persona, sia dal punto di vista della prospettiva che dal punto di vista umano. Per me la cosa più importante è liberarmi da tutte le questioni tecniche, vivere la situazione e viverla da vicino, per questo ho scelto l’ottica universale per eccellenza: il 28mm.
Più profondità di campo, più vicini, più capacità di descrivere l’ambiente che ci circonda, ma la qualità, quanto conta avere un obiettivo leggero e di grande qualità in viaggio?
Direi che anche questo contribuisce ai risultati. Ma non tanto per la qualità fine a se stessa, quanto perché ho una cosa in meno a cui pensare. A darmi la massima qualità ci ha già pensato Leica quando ha progettato l’obbiettivo, e io sono libero di usarlo anche a tutta apertura, poi quello che conta, in particolare nelle foto di viaggio, è ciò che vive chi scatta le fotografie. Cartier – Bresson diceva: “Non puoi vivere per fare fotografie, devi prima vivere, e poi la vita ti darà delle foto in aggiunta”. Questa frase rappresenta tutto ciò in cui credo.
Stefano Mirabella
“Street Photography”
Qual’è il tuo approccio alla fotografia di reportage e street?
La fotografia di strada mi ha permesso di vivere il quotidiano e la città dove abito, con occhi diversi, il tutto con una particolare propensione alle situazioni particolari, paradossali. Vivo la fotografia come la sintesi tra la rappresentazione della realtà e la capacità di trascenderla. Per realizzare tutto ciò l’approccio non può che essere diretto, consapevole ma allo stesso tempo discreto. Non si tratta mai di “rubare” le fotografie, al contrario devo sentirmi totalmente immerso nella scena, per viverla, gestirla e raccontarla. Cercando, al tempo stesso, di non contaminare la scena, di non alterarla con la mia presenza.
Perché la scelta di un’ottica grandangolare come il 28mm?
Al 28mm ci si arriva con calma, lentamente, senza fretta. Il 28mm è un ottica affascinante, accattivante ma è un ottica che va gestita, come vanno gestite, quando la si usa, tutte le “cose” che ci entrano dentro, situazioni, persone e momenti. Con il 28mm devi avvicinarti per forza, l’essere “dentro” la scena porterà “dentro” le situazioni anche lo spettatore delle proprie foto. Il quotidiano, la strada, il mondo che ci circonda va necessariamente raccontato da vicino, il 28mm te lo permette, a volte obbligandoti a farlo.
Entrare nella scena, a contatto con le persone, nella loro intimità può frenare, come si supera questo scoglio?
Si supera con un approccio positivo alla vita e di riflesso alla fotografia. Muovendosi con serenità, discrezione, positività e spensieratezza, il prossimo non ci percepirà come una “minaccia”. Un sorriso spesso fa miracoli. Poi ovviamente piccoli trucchi, velocità di esecuzione ma soprattutto la grande passione per la fotografia ci permetterà di fare quei piccoli passi verso il prossimo, che saranno determinanti ai fini della buona riuscita delle nostre fotografie.
Più profondità di campo, più vicini, più capacità di descrivere l’ambiente che ci circonda, non sono troppe cose da gestire?
Certamente, il bello è proprio questo!!!
Giuseppe Andretta
“Travel Photography”
Partire per un viaggio non è mai facile, spesse volte si incorre nella voglia di portarsi tutta l’attrezzatura a disposizione, ma partiamo con te dalle basi, la vecchia triade tanto acclamata negli anni ottanta: 28 – 50 – 135mm
Della vecchia triade io tengo solo il 50mm e il 28mm. A volte, anzi molto raramente, sento la mancanza di un medio tele come il 70mm o l’85mm. Preferisco però avere di scorta un 20mm. Comunque la mia attrezzatura da viaggio consiste in due fotocamere, una col 28mm e una col 50mm
Iniziamo dal più grandangolare il 28mm, come lo definiresti in una sola parola?
In una parola: il più versatile; fa tutto: dalla street all’architettura, dal ritratto al paesaggio. Io credo, però, che ogni fotografo abbia il proprio approccio visivo e, di conseguenza, si trova bene con le ottiche a cui corrisponde il suo modo di vedere e, soprattutto, osservare. Mi spiego meglio, io sono stato abituato a scattare col 50mm e con il 28mm; probabilmente mi sono ‘regolato’ molto su quella visione. Intendo dire che la maggior parte delle volte che osservo le scene attorno a me sono già inquadrate in quelle due ottiche.
Qual’è il tuo approccio alla fotografia di viaggio?
La fotografia, in generale, e quella di viaggio in particolare sono sempre state, per me, la migliore forma di conoscenza; una passione per soddisfare la mia innata curiosità verso paesaggi e, soprattutto, genti e culture diverse dalla mia. Sono particolarmente attratto dall’incontro con le persone e con la scoperta di tradizioni o abitudini estranee al mio modo di pensare. Ecco probabilmente perché fotografo quasi esclusivamente col 50mm e col 28mm, per essere a contatto con ciò che riprendo; non mi piace per niente fotografare ‘da lontano’; le cose che vedo da lontano se mi attraggono mi costringono ad avvicinarmi, a valutare, comprendere meglio e poi fotografare.
Perché la scelta di un’ottica grandangolare come il 28mm?
Perché trasmette un giusto senso della profondità di moltissime scene, le fa vivere direttamente anche a chi guarda la tua fotografia. Riesce a permetterti di stare a contatto, dentro la scena stessa e di includere particolari fondamentali nella composizione fotografica. Ciò che apprezzo maggiormente del 28mm rispetto, ad esempio, al 50mm è proprio il fatto della ‘partecipazione’ e del ‘contatto’ con ciò che si sta fotografando. Non è raro che io faccia anche dei ritratti con il 28mm.
Non sempre il 28mm è l’ottica perfetta, questa è la frase che sentiamo spesso da chi ama i supergrandangolari e gli zoom, cosa rispondi?
Mi piacerebbe sapere allora qual’è l’ottica perfetta e, soprattutto, perché. E poi quali zoom sarebbero perfetti? Io, ad esempio, le ottiche non fisse non le uso mai perché non mi piacciono proprio e mi rendono la ripresa ancora più complessa. Io non credo alla perfezione e all’assoluto, penso che ogni attrezzatura fotografica sia ‘perfetta’ solo per qualcuno e perché con quel tipo di ottica/fotocamera riesce a fare bene e comodamente il proprio lavoro: cioè scattare fotografie per come le aveva immaginate.
Più profondità di campo, più vicini, più capacità di descrivere l’ambiente che ci circonda, ma la qualità, quanto conta avere un obiettivo leggero e di grande qualità in viaggio?
Conta tantissimo io non ho mai viaggiato senza il 28mm. Anzi, se dovessi indicare o scegliere solo due obiettivi io non avrei dubbi: 28mm e 50mm. Come dicevo è una questione di ‘visione’ e anche di abitudine; io, per esempio, faccio molta fatica a fotografare col 35mm una delle ottiche più apprezzate e diffuse nella fotografia di viaggio e ‘street’. Quindi ribadisco che è solo una questione personale io preferisco proprio la maggiore profondità del 28mm e posso garantire che anche quell’ottica può avere una qualità e resa ineccepibile come un 35mm.