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BOXE POPULI

di Angelo Cirrincione

Un episodio di un lungo racconto, ancora in pieno sviluppo, un frammento di realtà narrato con quella luce noir che avvolge questo mondo.

La boxe è uno sport radicato nella nostra cultura, seppur cresciuto in una dimensione sotterranea, è arrivato ai grandi palcoscenici. Spesso però dimentichiamo che è uno degli sport più faticosi e sottopagati a cui le persone si dedicano.

Quando si entra in una palestra, non importa se la più blasonata o improvvisata, si scopre un mondo genuino, semplice, ma quando si scende nella realtà sotterranea, quella più ignorata, quella meno assistita, si trovano luoghi di allenamento improvvisati ove il tempo sembra congelato agli inizi del secolo scorso.

Entrato in questo mondo, mi è sembrato quasi di trovarmi in un film, fatto di sequenze di scene tra loro contrapposte, dove una palestra può essere improvvisata in mare, per strada o tra i sotterranei di qualche cantina. In questo mondo si trova di tutto: ci sono genitori che fanno sacrifici per mandare i loro figli agli allenamenti, famiglie con sei figli che devono essere tenuti lontani dalla delinquenza, ragazzi di vent’anni che finito il lavoro da manovali corrono tutti i giorni ad allenarsi, persone semplici che hanno la volontà di rincorrere un sogno, diventare come Rocky, o più semplicemente misurarsi con qualche amico e restare allenati.

In questi luoghi vuoti, spesso privi di luce e di elettricità, si distinguono elementi comuni: la fatica, il sudore e il sacrificio.

In questi luoghi gli allenamenti non sono sempre “ortodossi”, sembra realmente di entrare in quelle scene dei film americani tutto viene accettato, l’importante è allenarsi, mettersi alla prova, confrontarsi. In questi anni in cui ho seguito la boxe ho notato che tra allievi e maestri, dalla palestra più semplice al circuito professionistico, esiste una profonda stima e rispetto reciproci, facilitati.

Ho iniziato tempo fa questo progetto e dopo aver realizzato i primi lavori con Leica Monochrom sono passato, nell’ultimo periodo, a Leica M10 e Leica Q.

La Leica M10 è veramente flessibile nell’utilizzo, semplice, reattiva e veloce nell’acquisire i file. Passare dall’iperfocale alla messa a fuoco selettiva è estremamente fluido e rapido, tanto da non pensare neppure alle reflex con autofocus. Leica Q, invece, mi ha stupito nelle condizioni di scarsa illuminazione, riuscivo infatti sempre a mettere a fuoco perfettamente, con una velocità sorprendente e senza darmi pensieri.

Per scelta tecnica e continuità di discorso, ho sviluppato questo lavoro in bianco e nero per uniformarmi a quanto già fatto con Leica Monochrom ma non è stato facile rinunciare agli splendidi colori di Leica M10 che anche a alte ISO mi ha permesso di narrare questa storia con immagini che mi hanno vivamente sorpreso.

La batteria è invece stata la più grande sorpresa. Inserirla e quasi dimenticarsene. La durata è stata impressionante, tanto da consentirmi di utilizzare la fotocamera quasi come un’analogica.

Ho realizzato e sto concretizzando altri episodi, non so quando si esauriranno le storie da raccontare, ma questo spaccato di vita e società merita di essere descritto e spero riesca a trasportarvi con il suo pathos ed atmosfera al di fuori dei soliti percorsi.

© Angelo Cirrincione

www.milkstudio.eu

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