Esercizi di luce
di Andrea Boccalini
di Andrea Boccalini
In questo articolo scopriamo come i pregiudizi in fotografia siano la più grande limitazione alla creatività.
Non esiste la luce perfetta e tanto meno la buona luce, basta aver voglia di confrontarsi con ciò che ci circonda.
A un fotografo serve una fotocamera e l’esercizio più stimolante è inseguire la luce per narrare le forme da essa scolpite.
Andrea Boccalini ci spinge alla sperimentazione e alla visione fuori dagli schemi, limitando la nostra possibilità di intervento e rendendoci schiavi della luce.
Un esercizio affascinante e stimolante.
Tutti noi abbiamo scattato in una situazione di penombra accattivante, in un forte controluce o seguendo le linee di fuga create dal sole basso e le ombre allungate che esso crea. E’ la reazione e conseguenza di un istinto estetico ma non è il frutto di una consapevolezza progettuale che porti alla ricerca della luce migliore in relazione al suo valore emotivo.
La parola Fotografia significa nel sentire comune “scrivere con la luce” ma io preferisco la definizione che ne dà Ferdinando Scianna… “Scrittura di luce” Secondo questa visione il fotografo coglie ciò che la luce crea e pertanto è un punto di vista completamente opposto rispetto alla prima definizione che implica una maggiore soggettività del fotografo o addirittura un suo intervento.
Il compito diventa quindi allineare ciò che la luce rivela, o addirittura trasforma, con ciò che vogliamo rendere visibile della sfera emotiva della storia.
Questo vuol dire avere una consapevolezza di ciò che la luce è in grado di restituire emotivamente a chi guarda le nostre immagini. La luce quindi rivestendo questo ruolo drammatico, così determinante nell’economia delle nostre immagini, può diventare una linea guida a cui attenersi nella nostra sessione di scatto, ovvero, anziché inseguire la nostra immagine, inseguiamo le condizioni di luce con cui abbiamo deciso di scattare.
Tradotto in pratica significa che in un’uscita di street photography, o qualsiasi altra sessione fotografica, determineremo la nostra agenda non in base alle vicende che possono interessarci, ma alle condizioni di luce che intendiamo trovare, e i parametri di scatto in relazione a ciò che emotivamente vogliamo restituire nelle nostre immagini.
Inoltre avere consapevolezza di ciò che la luce è in grado di determinare nella sfera più astratta dell’immagine ci consente di saper gestire al meglio le condizioni estreme della fotografia che vengono spesso descritte come antitesi alle migliori. Sole a picco e luce piatta, situazioni estreme che se gestite adeguatamente possono acuire l’impatto di uno scatto arricchendolo di ulteriore personalità, soprattutto se inserito in percorso di immagini seriali, in cui le condizioni di luce diventano il comune denominatore che le lega.
Da qui un semplice esercizio che io trovo molto stimolante:
Ci troveremo pertanto a muoverci non più nella città fisica ma tra gli spazi che la luce e le ombre creano mettendo i soggetti in relazione con essi. Ciò, oltre a renderci più reattivi nello scatto, consente anche di anticipare le immagini aspettando che la scena si materializzi ogni volta che ci troviamo di fronte ad un taglio di luce che ci interessa.
Questo è un piccolo estratto di un mini progetto che ho realizzato nel lasso di tempo di una pausa pranzo alla fiera di Roma, avendo trovato nell’alternanza tra luci e ombre la sensazione di alienazione che provavo in quel contesto, muovendomi in funzione di esse, o aspettando che il soggetto si incastrasse in quegli spazi nella giusta maniera a prescindere dal gesto, o scegliendo il gesto che venisse sottolineato dalla luce scelta.
Questo mio contributo spero che oltre a darvi nuovi spunti nella realizzazione delle vostre immagini, aiuti soprattutto a non utilizzare più, capendone l’inutilità, l’abusato augurio di “buona luce”.
© Andrea Boccalini